Hortus Eystettensis. Sive Diligens et accvrata omnium Plantarum, Florvm, Stirpium, ex variis orbis terræ partibvs, singvlari stvdio collectarvm, qvæ in celeberrimis viridariis arcem episcopalem ibidem cingentibvs, olim conspiciebantvr delineatio et adiscd

Farmaceutica - Erbari


Hortus Eystettensis. Sive Diligens et accvrata omnium Plantarum, Florvm, Stirpium, ex variis orbis terræ partibvs, singvlari stvdio collectarvm, qvæ in celeberrimis viridariis arcem episcopalem ibidem cingentibvs, olim conspiciebantvr delineatio et adiscd Ritratto nel frontespizio del libro con una pianta, forse di basilico, in mano, sicuramente una labiata, Besler dedicò molte energie ad illustrare le piante dei giardini che Johann Konrad von Gemmingen, vescovo del posto dal 1595 al 1612, appassionato botanico, aveva fatto costruire quale abbellimento del suo palazzo. L’Hortus Eyttenensis (così si chiamava l’opera all’origine) apparve, però, un anno dopo la morte del vescovo Konrad, che quindi non ebbe il piacere di vederla terminata, anche se nel 1612 l’opera era ormai al termine. Besler, infatti, aveva cominciato a lavorarci fin dagli inizi del secolo. Due sono gli elementi che contraddistinguono l’opera, complementari l’uno all’altro: le tavole, di solito con tre figure, ma spesso anche di più, e le iscrizioni latine. Le prime, però, per qualità, ricchezza di particolari, sfumature, vivacità dei colori e brillantezza prevalgono sulle seconde, che da par loro anticipano alcuni aspetti notevoli per l’inizio del Seicento, non ultimo un ricorrente uso, certamente non casuale, della denominazione binomia che verrà ufficializzata da Linneo molto dopo e costituirà la norma metodologica solo a partire dalla fine del ‘700. Ma se si riflette bene l’opera del Besler va oltre, perché il testo contiene un embrionale sistema di classificazione basato sui ritmi biologici delle piante in funzione delle stagioni: non a torto, infatti, la moderna edizione francese dell’erbario si intitola Herbier des quatres saisons, tema mantenuto nella versione italiana della Garzanti (1998, L’erbario delle quattro stagioni). Le tavole, tratte da incisioni su rame, sono 367 e sono eseguite a più mani, alcune con firma autografa, altre con le sole iniziali. L’Erbario perciò si distacca da altre opere consimili per il numero e soprattutto per la qualità delle immagini, eseguite sempre con grande ricercatezza che investe la totalità delle 660 specie botaniche e le oltre 400 varietà orticole. La presenza di queste ultime non deve meravigliare, perché l’erbario ha acquisito ormai un fine naturalistico, perfino ornamentale, che ha messo in secondo piano le funzioni di mezzo terapeutico degli erbari medievali e rinascimentali. Malgrado ciò include pur sempre 400 specie che possono essere considerate medicinali. Insomma il titolo di florilegio non ci sembrerebbe dato a torto. Besler sarà pur stato botanico e farmacista, ma prima di tutto fu un artista della natura, con colori e forme che si creano sulla carta, un valente traspositore del reale nel virtuale. E’ soprattutto per questo contatto immediato, istantaneo con la realtà, che l’Erbario delle quattro stagioni sa farsi apprezzare.


Alcune immagini del libro